Mal di testa e Coronavirus
Conseguenze del COVID-19 su chi soffre di mal di testa
La pandemia da COVID-19 ha effetti impattanti su quanti soffrono di emicrania. Le conseguenze della rapida diffusione del virus a livello mondiale possono infatti pregiudicare il buon esito delle terapie in chi presenta mal di testa cronico. Approfondiamo i dettagli.
Che cos’è il Covid-19 e quali sono i suoi sintomi?
COVID-19, acronimo dell'inglese COronaVIrus Disease 19, è un'infezione causata dal nuovo coronavirus SARS (Sindrome Respiratoria Acuta Grave) ‐ CoV ‐ 2.
SARS ‐ CoV ‐ 2 viene trasmesso principalmente attraverso goccioline respiratorie, anche dette droplets.
L’infezione si sviluppa per contatto diretto o indiretto con la mucosa nasale, congiuntivale o orale, quando le particelle respiratorie vengono inalate o depositate su queste mucose.
Dopo un periodo di incubazione compreso tra 2 e 14 giorni dopo esposizione al virus, i sintomi che si manifestano possono essere lievi e simili a quelli dell'influenza e tra questi possono presentarsi:
- febbre;
- tosse secca;
- difficoltà respiratorie;
- stanchezza;
- mialgia;
- mal di testa;
- congestione nasale;
- nausea, vomito e diarrea;
- emottisi;
- mal di gola;
- artralgia (dolore alle articolazioni);
- anosmia (perdita dell’olfatto);
- ageusia (perdita del gusto).
I sintomi descritti possono manifestarsi in una combinazione variabile.
In alcune situazioni, il quadro clinico iniziale può essere complicato da polmonite, sindrome da stress respiratorio acuto e disfunzione multiorgano.
Il mal di testa è un sintomo del Covid?
La letteratura ha mostrato che il mal di testa è il quinto sintomo più comune associato all’infezione da COVID 19 dopo febbre, tosse, mialgia e dispnea. In studi recenti, il mal di testa si è dimostrato essere presente nel 6,5% - 53% dei pazienti con COVID –19.
La cefalea è il sintomo neurologico più frequente nel COVID-19.
Un primo studio stabilisce che le manifestazioni neurologiche compaiono nel 36% dei pazienti affetti dal nuovo Coronavirus così descritti:
- vertigini (16,8%);
- cefalea (13,1%);
- sintomi del sistema nervoso periferico (8,9%);
- alterazione della coscienza (7,5%);
- malattia cerebrovascolare acuta (2,8%).
Il mal di testa dovuto al COVID-19 può avere insorgenza improvvisa o graduale.
Lo specifico meccanismo che causa mal di testa durante l'infezione rimane poco chiaro.
La causa potrebbe essere la tempesta di citochine pro-infiammatorie nel liquido cerebrospinale che attiva le vie trigeminali a produrre una sostanza chiamata CGRP, che ha un ruolo cruciale nella patologia dell'emicrania, influenzando la dilazione delle arterie meningee e la trasmissione di segnali dolorosi.
Le evidenze indicano che questa tempesta di citochine si verificherebbe tra il settimo e il decimo giorno dall’esordio clinico dell’infezione da COVID-19.
Nel corso del lockdown, numerose sono state le situazioni di soggetti che per necessità lavorative, sono stati costretti a indossare per lunghe ore la mascherina lamentando poi forme di cefalea per lo più di tipo tensivo o anche aggravamento di cefalea preesistente. Tale situazione è andata sempre più conclamandosi nella fase 2 della pandemia.
Lo scatenamento di crisi di cefalea è quindi attribuibile proprio all’uso prolungato di mascherina?
Molti ne parlano, ma non è ancora ben chiaro il meccanismo fisiopatologico che può spiegare la relazione.
Emicrania e COVID-19: quale è l’impatto della pandemia sui pazienti?
Dall’inizio della pandemia i sistemi sanitari di tutto il mondo sono stati sopraffatti da questa emergenza sanitaria senza precedenti.
I neurologi stanno affrontando un'enorme sfida nel fornire cure di qualità ai pazienti già affetti da malattie croniche, in particolare quelli con emicrania, mentre lavorano per ridurre al minimo la diffusione dell'epidemia di COVID-19.
L'impatto psicosociale correlato allo stress della pandemia è evidente e complesso. Un sondaggio globale condotto da 47 paesi ha riportato un peggioramento della salute mentale dell'80% dei pazienti con malattie croniche durante l’attuale situazione scaturita dalla rapida diffusione del nuovo Coronavirus.
L'emicrania è considerata una delle malattie neurologiche croniche più invalidanti e chi ne soffre è particolarmente vulnerabile ai drastici impatti del virus.
Una recente survey ha evidenziato che la pandemia ha avuto un impatto negativo sui pazienti con emicrania: più della metà di questi ha sperimentato un aumento della frequenza e della gravità della malattia, rispetto al periodo pre-pandemico.
Ciò è comprensibilmente accompagnato da un uso eccessivo di analgesici e trattamenti per l'emicrania acuta, sebbene solo il 22,5% dei pazienti totali ha riferito di aver visitato il pronto soccorso per la gestione del disturbo, probabilmente per paura di contrarre il virus.
La mancanza di comunicazione con il neurologo curante, il cambio delle abitudini di vita quali il lavoro, l‘alimentazione, una peggiore qualità del sonno, mancanza di un’attività fisica regolare erano fattori correlati con il peggioramento dei sintomi.
I pazienti con emicrania cronica durante questo periodo pandemico possono rischiare di compromettere la loro precedente risposta terapeutica, a causa di:
- eventuale stress psicosociale causato dalla rapida diffusione del COVID-19;
- possibile annullamento delle visite mediche e dei trattamenti procedurali dovuti alla necessità di isolamento sociale per ridurre il numero di contagi;
- disturbi del sonno, delle abitudini alimentari e forti preoccupazioni derivanti dalla difficile situazione sanitaria mondiale.
Per evitarlo, reparti e centri cefalee in tutto il mondo hanno cercato di adattarsi alla situazione, implementando nuovi approcci come consulti telefonici e visite online.
Ci sono prove scientifiche di una correlazione tra l’uso di ibuprofene e l’andamento dell’infezione da Covid 19?
Attualmente non vi sono prove scientifiche che stabiliscano una correlazione tra l’uso di ibuprofene e in generale della classe dei FANS e il peggioramento del decorso della malattia da COVID-19.
L'Agenzia europea per i medicinali sta monitorando attentamente la situazione e valuterà tutte le nuove informazioni che saranno disponibili su questo aspetto nel contesto della pandemia.
Quali sono le linee guida dell’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) sull'uso di antinfiammatori non steroidei per il COVID-19?
All'inizio del trattamento della febbre o del dolore in corso per COVID-19, i pazienti e gli operatori sanitari devono considerare tutte le opzioni di trattamento disponibili, incluso il paracetamolo e i FANS.
Ogni medicinale ha i suoi benefici e i suoi rischi.
Molte delle linee guida Europee raccomandano il paracetamolo come opzione di primo trattamento per febbre e dolore.
In accordo alle linee guida nazionali, i pazienti e gli operatori sanitari possono continuare a utilizzare FANS (come l’ibuprofene) come riportato nelle informazioni del prodotto approvate.
Le raccomandazioni attuali prevedono che questi medicinali vengano assunti alla dose minima efficace per il periodo più breve possibile.
I pazienti che hanno qualsiasi dubbio devono rivolgersi al proprio medico o al farmacista.
Attualmente non ci sono ragioni per interrompere il trattamento con ibuprofene e ciò è particolarmente importante per i pazienti che assumono ibuprofene o altri FANS per la gestione delle malattie croniche.