Abitudini
Un momento di… automedicazione contro il mal di testa
Il papà avrebbe voluto un maschio e invece… Per questo Rita per tutta la sua vita ha resistito con determinazione a qualsiasi avversità, compreso il mal di testa. Ma forse non è questa la strategia giusta per affrontare questo fastidioso nemico, vero Gioaladino?
Con le prime giornate d’autunno i problemi dei clienti che si rivolgono a me sono ricorrenti: umore depresso, malinconia, pigrizia, senso di scontentezza generale e demotivazione. Con l’arrivo dell’ora solare e delle prime nebbie la situazione si fa davvero critica e molta gente senza accorgersene va in letargo e si addormenta aspettando la primavera. Si accendono i riscaldamenti, si vive molto meno all’aperto e molto di più sul divano guardando la tv e per molti il mal di testa diventa un rinnovato e fedele amico.
Rita era una di queste tipiche clienti stagionali e questa è la sua storia.
Ero di fronte a un centrifugato di banana, mela, papaya, mango e pepe rosso e credetemi, era una cosa davvero disgustosa, ma che una mia amica nutrizionista mi aveva consigliato di bere alla mattina e che secondo lei mi avrebbe fornito l’energia necessaria per lavorare bene. Non mi piaceva per niente, ma mi stavo sforzando di berlo, quando il telefono squillò e stranamente non mi feci pregare a rispondere, probabilmente per sfuggire a quell’orribile intruglio, perciò alzai la cornetta dopo il primo squillo.
“Pronto? Genius?"
Riconobbi subito quella voce frettolosa, ma accogliente: era Rita, la mia veterinaria di fiducia.
"Ciao Rita!" risposi allegramente.
E lei senza alcun convenevole: "Se ci sei, oggi alle 15 vengo da te... Dai, dimmi subito!".
Il suo fare autoritario e senza fronzoli mi piaceva.
"Ok" dissi "vieni alle 15.00, cercherò di liberarmi! Al massimo farai dieci minuti di attesa in anticamera.”
"Va bene, ma che sia un'anticamera breve! Tanto sai che poi mi vendicherò!" concluse decisa.
Non capivo mai quando Rita scherzava, forse perché non lo faceva mai.
Alle 14.55 il campanello del mio studio suonò.
Dal modo impaziente con cui era stato premuto immaginai che Rita fosse arrivata.
Aprii la porta e lei senza neppure salutare si precipitò dentro urlando: "Basta non ne posso più! Levami 'sto coso!“
La guardai divertito: "Ciao Rita, come va?"
"Se sono qua va male! Hai mai visto persone felici venire da te?"
"Sì, ho MOLTI clienti felici."
"Non ci credo nemmeno se li vedo. Dai Genius, siediti e ascoltami!"
Mi sedetti davanti a lei con uno dei miei quadernini neri aperto in grembo e guardandola serio inspirai profondamente: "Come ti posso aiutare?"
Mi rispose accendendosi tutta: "Te l'ho già detto! Levami 'sto coso!"
"Sarebbe 'sto coso?"
"Il mal di testa! Non lo voglio più! Basta! Rompe e disturba solo la mia vita!"
Ecco un'altra persona che confondeva il mio lavoro con quello di un medico.
Dopo attenta riflessione avevo concluso che questo succedeva perché molte persone pensano che il mal di testa non abbia cause fisiologiche, ma solo psicologiche, cosa che può succedere, ma direi, raramente.
Attivai la risposta standard: "Rita non sono un medico e quindi non posso liberarti dal mal di testa“.
“Dai, anche se hai qualche capello bianco, gli occhi sono sempre quelli di quel Genius che ho conosciuto, levami il mio mal di testa!"
Rita era veramente un osso duro, decisi di aggirare l’ostacolo facendo ciò che i samurai fanno di fronte a un avversario più forte: se non possono sconfiggere il nemico, si alleano!
I mal di testa
“Vediamo cosa posso fare, ma ho bisogno di saperne di più".
Rita immediatamente cominciò con una descrizione precisa e dettagliata dei suoi mal di testa, la fermai:
"No, non raccontarmi il tuo male alla testa. Parlami del prima, del durante e del dopo: spiegami come arriva, quando arriva, come e quando se ne va.”
Cominciò a raccontare di luci che arrivavano dentro i suoi occhi, di nausee lievi o più forti, di crampi muscolari, di un dolore e di un malessere generalizzato che, in quel momento, rendeva la sua vita tutta nera.
“É come se improvvisamente tutto attorno a me diventasse scuro e ogni tanto, a illuminare il tutto, ci fossero come dei lampi, non di luce, ma di dolore che annientano completamente la mia resistenza e la mia volontà. È un dolore al quale io devo arrendermi. Quando sono a casa mi butto sul letto, ma quando sono al lavoro è impossibile, per cui devo resistere e cercare di ignorarlo! Il problema è che questo maledetto, invece che diminuire d’intensità, diventa sempre più aggressivo… Insomma, è una vera tragedia. Con l’arrivo dell’inverno poi, gli episodi diventano ancora più frequenti, ma stavolta voglio contrattaccare in anticipo questo male alla testa… Stavolta voglio vincere io!” disse decisa battendo un pugno sul tavolino di cristallo di fronte a sé.
“Di tutto il discorso che hai appena fatto e che indubbiamente mi ha aiutato a capire meglio, mi sono rimaste impresse queste tre parole: ARRENDERSI, RESISTERE e IGNORARE, mentre non hai fatto alcun cenno alla terapia farmacologica che utilizzi per affrontare il tuo male alla testa. Ho bisogno di maggiori chiarimenti sia in merito a quelle tre parole, sia su come affronti dal punto di vista farmacologico il tuo nemico”.
Sprofondando ancora di più nella poltrona sulla quale si era seduta, mi rispose: “Cavolo, sei il solito pignolo! Ti ho fatto un racconto di quindici minuti e tu ti ricordi solo tre parole, che fatica inutile che mi hai fatto fare! E poi non ti ho detto cosa prendo per questo male perché non prendo proprio un bel niente, se non quando è proprio dirompente, ma anche in questo caso i risultati sono scarsi!”
Cominciavo pian piano a capire il razionale mentale che si celava dietro a quelle tre famose parole. Conoscevo Rita da molto tempo e mi aveva parlato tante volte della sua infanzia, che era stata sì felice, ma oscurata dalla severità dei genitori.
Il papà avrebbe desiderato un maschio e invece era nata lei, figlia unica.
“Cosa intendi per resistere?”
“Dai Genius, lo sai già! Mio papà mi ha sempre inculcato la convinzione che di fronte alle avversità dobbiamo resistere, come dei veri uomini! Mi ha insegnato a non piangere mai, cosa che so fare molto bene, anche se a volte vorrei essere capace di farmi una bella lacrimata in pace. Per questo non uso farmaci, perché sarebbe un segno di debolezza, di resa. Hai presente quelle donne che ricorrono all’anestesia per partorire? Se mai avrò un bambino non permetterò a nessuno di addormentarmi… Voglio soffrire e reagire e sono sicura che ne varrà comunque la pena”.
Le risposi guardandola dritta negli occhi: “Rita, non c’è nulla di vergognoso nel ricorrere ai farmaci per curare un disturbo, tutt’altro. Ti dirò di più: agire tempestivamente con una terapia adeguata impedisce che il tuo mal di testa peggiori, così sì che potresti davvero vincere la tua battaglia!
Lei sembrò sul punto di convincersi: “Ma non è che poi rischio di diventarne dipendente?”
“Tutt’altro! Se imparerai a riconoscere i segni premonitori del tuo mal di testa e ad agire tempestivamente per curarlo con un farmaco adeguato, scoprirai che l’intensità del disturbo si attenuerà sensibilmente e alla lunga anche la frequenza dei tuoi episodi diminuirà. Devi solo fare attenzione a non tergiversare troppo quando senti dolore: prima lo tratti con il farmaco, più efficace sarà il suo effetto.” dissi porgendole uno dei miei celeberrimi quadernini neri.
“E su questo quaderno che cosa dovrei scrivere?”
“Vorrei che tu cominciassi a scrivere tutte le cose alle quali resisti e cercassi di analizzare come ti senti quando opponi resistenza. Impegnati a farlo con precisione! Poi quando ci rivediamo ne parliamo”
“Bene, anzi ottimo! Vedi che sei ancora quel Genius che conoscevo io. Grazie davvero!”
Mi sorrise dolcemente.
Ebbi la sensazione che sotto quell’armatura, che Rita si era costruita negli anni, si nascondesse una donna molto fragile.
Forse, col tempo, avrebbe imparato a sostituire quella corazza con un abito di seta e finalmente la sensibilità che vedevo in lei si sarebbe finalmente potuta esprimere.
Ma questa è un'altra storia.
COME È FINITA LA STORIA?
Rita fece tutto ciò che le avevo suggerito: imparò a riconoscere i segni premonitori del suo mal di testa e a curarlo correttamente con i farmaci non appena si fossero presentati.
Al telefono mi disse che oltre a stare generalmente meglio, il male alla testa stava diminuendo in frequenza e intensità. Ora è soddisfatta e si stupisce se ripensa a tutto il tempo passato a resistere inutilmente al dolore; è contenta di aver deciso di cedere e stare bene. Ha intenzione di ritornare da me per sistemare altre cose a cui vuole smettere di resistere. Naturalmente, io sono qua che l’aspetto.